This website is no longer up to date. BUT: The fight for a sustainable and fair food system is far from over. Here you can find all partners who continue this fight – also in your country!
La maggior parte del cibo che compriamo nei supermercati è contaminato da violazioni dei diritti umani e distruzioni ambientali. Questi ingredienti, spesso rimangono invisibili ai nostri occhi. Ad ogni morso che diamo, consentiamo lo sfruttamento dei lavoratori, l’accaparramento di terreni delle popolazioni locali, l’avvelenamento da pesticidi di quello che mangiamo, del suolo e delle acque. Questo sistema permette alle aziende e alle catene di supermercati di produrre cibo sempre più velocemente, a basso costo e in larga scala. Le donne e i lavoratori migranti sono tra quelli più colpiti dalle pratiche commerciali dannose presenti lungo la nostra filiera agroalimentare. Sebbene i lavoratori e le donne svolgano un ruolo importante nella produzione alimentare, spesso non hanno i mezzi per curare adeguatamente se stessi e le loro famiglie, e non godono di diritti e di uno status giuridico adeguato, andando incontro a frequenti discriminazioni.
Scopri quali ingredienti invisibili sono nascosti nel cibo che mangiamo tutti i giorni! Leggi quali problemi possono causare e perché una legge a livello europeo sia una soluzione a cui dovresti contribuire anche tu!
Il viaggio del cibo che consumiamo, dai campi al supermercato attraverso la lavorazione, è lungo. Nel settore agroalimentare, le multinazionali si servono di filiere complesse, con molteplici subappaltatori difficilmente rintracciabili. Ciò contribuisce a mascherare e ridurre le loro responsabilità.
Le conseguenze negative di queste pratiche commerciali sono spesso percepite e vissute più severamente all’inizio della filiera agroalimentare, dove i lavoratori e le lavoratrici – in particolare migranti – sono troppo spesso sfruttati e non provvisti di condizioni di lavoro dignitose.
Scopri le storie che si celano dietro il nostro cibo e quali sono i prodotti che contengono ingredienti invisibili.
L’Unione europea è il più grande produttore di latte al mondo e possiede circa 23 milioni di vacche da latte. Raggiungere questo grande risultato necessita una produzione industriale tale da causare una vasta gamma di problemi per gli animali e per l’ambiente.
L’allevamento intensivo di prodotti lattiero-caseari è infatti associato ad alti tassi di sovraffollamento e ad un elevato utilizzo di fertilizzanti chimici e pesticidi. Tutto ciò sta causando l’inquinamento del suolo e delle acque, oltre ad avere un considerevole impatto su altri aspetti dell’habitat e del paesaggio. L’industria lattiero-casearia incide negativamente anche sulla biodiversità. Per non parlare del precario benessere delle stesse vacche da latte. Inoltre, le praterie gestite in modo intensivo influenzano negativamente i modelli di migrazione e svernamento degli uccelli selvatici.
Copyrights: Canva (Billion Photos)
Sebbene il numero di allevamenti nell’Unione europea sia diminuito rapidamente negli ultimi decenni, la produzione di carne in molti paesi è in costante aumento. La necessaria produzione di carne su larga scala è ottenuta in giganteschi allevamenti intensivi che collocano un gran numero di animali in spazi affollati. Questa produzione industriale di carne comporta problemi sociali, ambientali ed economici.
Una delle sue conseguenze è la concentrazione delle filiere alimentari, che porta ad allevamenti sempre più grandi con meno lavoratori e meno razze di animali. Allo stesso tempo, i prezzi vanno al ribasso e molti piccoli agricoltori hanno dovuto chiudere le loro attività. Inoltre, la produzione industriale di carne, situata in spazi enormi e affollati, aumenta la resistenza agli antibiotici, provoca l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, e contribuisce alla deforestazione, alla perdita di biodiversità e all’accaparramento delle terre per la produzione di soia destinata all’alimentazione animale.
Infine, ma non meno importante, la produzione industriale di carne contribuisce in modo significativo al cambiamento climatico con un’elevata quota di emissioni di gas a effetto serra.
Il succo d’arancia è il succo più consumato al mondo. A livello globale vengono prodotte un totale di 50 milioni di tonnellate di arance all’anno, l’86% delle quali viene trasformato in succo. Il più grande acquirente è l’Unione europea. Tuttavia, alla produzione della bevanda da colazione preferita di sempre sono legati numerosi problemi.
La produzione di frutta viene effettuata in enormi piantagioni di monocolture dove vengono utilizzati pesticidi in maniera intensiva, lasciando un grande impatto ecologico. Inoltre, i problemi di salute sono molto comuni tra i lavoratori a causa delle condizioni di lavoro e dei salari estremamente bassi. Gli agricoltori di tutto il mondo sono alla mercé di tre grandi società acquirenti che sono state ripetutamente accusate di formazione di cartelli, corruzione e comportamenti antisindacali.
Il concentrato di succo viene confezionato da aziende di imbottigliamento, trasportato su navi e venduto da catene di supermercati in Europa a prezzi eccezionalmente bassi. Questa catena di produzione e le lunghe vie di trasporto contribuiscono al cambiamento climatico e causano un grave inquinamento ambientale.
Copyrights: Canva (JitkaUnv / Getty Images)
L’Unione europea è di gran lunga il più grande importatore di banane a livello mondiale. I frutti sono prodotti prevalentemente in Asia, America Latina e Africa. Tuttavia, le condizioni della loro produzione sono costantemente segnalate come problematiche, in particolare per quanto riguarda gli agricoltori locali.
Ad esempio, i lavoratori delle piantagioni di banane in Ecuador denunciano salari indecentemente bassi e straordinari non pagati. Inoltre, il lavoro nelle piantagioni è precario perché i datori di lavoro non offrono un impiego a tempo indeterminato e spesso i lavoratori ottengono solo contratti a breve termine. Inoltre, non è prevista protezione quando si usano pesticidi pericolosi, il cui uso contribuisce all’inquinamento dell’acqua e dell’aria, nonché alla perdita di biodiversità. In molti casi, i sindacalisti sono stati perseguitati. In questo contesto, le donne sono particolarmente vulnerabili e soffrono maggiormente tali condizioni di lavoro precarie.
Non sempre etichette famose, come Rainforest Alliance, garantiscono il rispetto dei diritti umani.
La ricerca condotta da Our Food Our Future nell’Agro Pontino (Lazio, Italia) fa luce su alcune condizioni disumane che i braccianti affrontano quotidianamente. La ricerca esamina la violazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici (non retribuiti o sottopagati, senza nessun contratto, con orari di lavoro prolungati e senza pause, senza alcuna protezione quando si maneggiano pesticidi, soggetti a doping), ponendo particolare attenzione alla condizione delle donne migranti e alla violenza di genere cui sono sottoposte. I prodotti legati alla ricerca includono melanzane, pomodori, zucchine, carciofi, carote, funghi, cocomeri, meloni e molti altri. Questi ortaggi fanno parte del mercato UE e finiscono in centinaia di supermercati dove andiamo a fare la spesa ogni giorno! Sebbene la nostra attenzione si concentri sull’Italia, violazioni dei diritti umani come queste sono prevalenti nelle filiere ortifrutticole di tutto il mondo.
Il caffè è la bevanda preferita ogni giorno da milioni di persone in tutto il mondo. Ma la produzione su larga scala dei chicchi di caffè ha conseguenze sociali ed ecologiche drammatiche. Ad esempio, il lavoro minorile è un problema diffuso nella coltivazione del caffè; spesso intere famiglie lavorano nei campi. I salari dei raccoglitori di caffè sono generalmente molto bassi e molti di loro lavorano in condizioni di schiavitù. Queste terribili condizioni di lavoro spesso implicano la sottomissione tramite debiti o orari di lavoro eccessivi che rappresentano una minaccia per la loro salute. La pratica ormai comune delle piantagioni al sole, in sostituzione della coltivazione agroforestale, porta alla deforestazione, che è un fattore significativo del cambiamento climatico. L’uso intensivo di pesticidi e la coltivazione nelle monocolture rappresentano una forte minaccia per la biodiversità.
La metà dei prodotti nei supermercati europei contiene olio di palma (ad esempio, crema spalmabile al cioccolato, biscotti, saponi, ecc.), rendendo molto difficile per i consumatori evitare questi alimenti. La maggior parte di olio di palma nell’UE è utilizzata per agrocarburanti, tanto che molti prodotti che acquistiamo vengono trasportati da veicoli alimentati a olio di palma. La produzione di olio di palma ha effetti devastanti sulle persone e sull’ambiente.
Le conseguenze ecologiche dell’estensione delle piantagioni di monocolture di olio di palma includono la deforestazione, la perdita di biodiversità e il degrado ambientale. Inoltre, le condizioni di produzione sono caratterizzate dall’accaparramento delle terre e dalla violazione dei diritti delle popolazioni indigene, dall’uso non protetto di pesticidi pericolosi e dal mancato rispetto dei diritti dei lavoratori.
Etichette come la Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO) – la tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile – hanno dimostrato di non essere all’altezza del modo in cui i loro standard vengono interpretati e applicati.
Nel 2019 nell’Unione europea sono state allevate circa 365 milioni di galline da uova. I sistemi di allevamento in gabbia sono una pratica comune tra i produttori dell’UE che allevano galline ovaiole, conigli e maiali. Tuttavia, questa procedura di produzione industrializzata comporta costi elevati per gli animali e per l’ambiente.
I sistemi di allevamento in gabbia sono caratterizzati sia da elevate densità di allevamento che da alti livelli di confinamento degli animali e sono spesso utilizzati all’interno di produzioni su larga scala. Queste caratteristiche e le relative pratiche di gestione hanno impatti diretti e indiretti non solo sulla salute e sul benessere degli animali, ma anche sull’impronta ambientale e sulle prestazioni economiche e sociali degli allevamenti.
Il Cocoa Barometer dell’anno 2020 mostra che, anche se si stanno prendendo misure per migliorare le condizioni di lavoro nella produzione di cacao, queste non sono ancora sufficienti. Una serie di problemi sociali ed ecologici vanno di pari passo con il consumo delle popolari fave di cacao.
Una delle problematiche più diffuse e drammatiche è, ad esempio, il lavoro minorile. Circa 1,5 milioni di bambini sono vittime di questo fenomeno. La maggior parte di questi bambini (circa il 94%) subisce la peggior forma di lavoro minorile, alcuni di loro vengono addirittura venduti come schiavi e sono costretti a lavorare senza paga. Inoltre, questioni sociali come la povertà, la disuguaglianza di genere, la mancanza di accesso all’istruzione e le violazioni dei diritti dei lavoratori, spesso costretti a lavorare in condizioni di schiavitù, caratterizzano la produzione di cacao.
Per quanto riguarda l’ambiente, l’uso di pesticidi, la deforestazione e il degrado del suolo sono alcune delle conseguenze devastanti della produzione di cacao.
Imporre delle regolamentazioni vincolanti è fondamentale per garantire condizioni di lavoro dignitose e la protezione dell’ambiente e del clima. Leggi che possono influenzare le aziende e ritenerle responsabili dei danni che stanno causando lungo le loro catene di approvvigionamento! Una solida legge europea uniformerebbe le leggi di tutti gli Stati membri europei e creerebbe condizioni di parità per tutti gli attori in campo, per i quali la protezione dei diritti umani e dell’ambiente diventerebbe obbligatoria. In questo modo infatti, le legge andrebbe a intervenire sulle problematiche che ad oggi si manifestano frequentemente alla base della filiera agroalimentare (es. lavoro minorile e sfruttamento lavorativo), in un’ottica di prevenzione e sdradicamento di tali fenomeni. Al momento, i gruppi e soggetti più vulnerabili, come donne, bambini e migranti così come i piccoli proprietari terrieri che soffrono in modo sproporzionato pratiche commerciali sleali e di sfruttamento delle aziende più grandi, hanno maggiori difficoltà nel difendere i propri diritti e hanno dunque bisogno di una protezione speciale.
Scopri in che modo potrebbe contribuire una legge europea sulle catene di approvvigionamento!
Da diversi anni le aziende creano strategie di responsabilità sociale d’impresa. Ma queste misure sono volontarie e hanno dimostrato la loro inefficacia in quanto spesso non vengono attuate o non sono di portata sufficiente e, conseguentemente, le violazioni dei diritti umani e il danno ambientale continuano a verificarsi lungo le filiere. Per questo motivo abbiamo bisogno di una legge europea VINCOLANTE.
Poiché limpegno volontario da parte delle aziende non funziona, queste devono essere obbligate a rispettare i diritti umani e l’ambiente sia nelle proprie attività e operazioni che lungo tutta la catena di fornitura, produzione e distribuzione. Solo una legge vincolante può conseguire tale obiettivo. Tuttavia, il campo di applicazione di una direttiva UE sulla due diligence (dovuta diligenza) obbligatoria in materia di diritti umani e ambiente (cd. mandatory human rights and environmental due diligence legislation) deve necessariamente includere tutti i fornitori e subappaltatori presenti lungo la filiera.
Un elemento chiave per una legislazione vincolante sulla due diligence è l’introduzione della responsabilità civile, il che significa che le aziende le cui attività causano violazioni dei diritti umani e danni ambientali sono obbligate a risarcire i danni causati. È importante notare che l’onere della prova dovrebbe spettare alle aziende e non alle vittime – che spesso sono soggetti particolarmente vulnerabili, come come migranti, donne e piccoli agricoltori.
Una legge sulla due diligence obbligatoria delle aziende in materia di diritti umani e ambiente potrebbe far sì che le aziende garantiscano salari e redditi dignitosi, libertà di associazione e contrattazione collettiva, pratiche complete in materia di salute e sicurezza, status giuridico sicuro e protezione contro la discriminazione di genere per gruppi di lavoratori e lavoratrici particolarmente vulnerabili. Al momento, in molti casi, ai lavoratori non è permesso formare sindacati e organizzarsi per chiedere migliori condizioni di lavoro. Qualora lo facessero, potrebbero andare incontro a discriminazione, violenze e minacce.
L’accesso alla giustizia per le vittime di abusi aziendali, al momento, è estremamente difficile e quasi mai si traduce in un rimedio che ripari o compensi efficacemente il danno causato dall’attività d’impresa. Questo è il caso di gruppi maggiormente vulnerabili, la cui posizione legale e giudiziaria è di solito molto debole. Una legge vincolante potrebbe rafforzare la posizione dei gruppi e soggetti vulnerabili.
Molti paesi produttori di cibo nel Sud del mondo sono soggetti all’accaparramento delle terre da parte di società e aziende straniere (cd. land grabbing). I gruppi già vulnerabili come i piccoli proprietari terrieri e le popolazioni indigene sono particolarmente colpiti dal land grabbing, con il rischio frequente di essere cacciati dalle proprie terre. Una solida legge europea sulla due diligence obbligatoria potrebbe proteggere il loro diritti alla terra e ritenere le aziende responsabili dell’accaparramento illegale di terreni.
Per ritenere le aziende responsabili, vogliamo una solida legge UE sulla due diligence obbligatoria delle aziende in materia di diritti umani e dell’ambiente. A causa delle diffuse violazioni dei diritti umani e del lavoro, della distruzione ambientale, dell’accaparramento di terre e degli spostamenti forzati lungo le lorocatene di fornitura, le aziende agroalimentari dovrebbero essere classificate come imprese ad alto rischio. Non dobbiamo risparmiare sforzi per garantire salari e redditi dignitosi, la libertà di associazione e contrattazione collettiva, pratiche complete in materia di salute e sicurezza, status giuridico e protezione contro la discriminazione di genere, in particolare per i lavoratori migranti, le donne e i piccoli proprietari.
Il processo di elaborazione di una legge europea sulla due diligence è iniziato nell’aprile 2020. Nel marzo 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla due diligence e la responsabilità delle imprese che ha aperto la strada per una nuova legge UE forte e ambiziosa.
Spetta ora ai Commissari Didier Reynders (Giustizia) e Thierry Breton (Mercato interno) elaborare una proposta per una Direttiva UE. Anche la voce del Vicepresidente della Commissione europea per i valori e la trasparenza, Věra Jourová, avrà un peso importante.
Ora tocca dunque anche a noi: scrivi ai Commissari Reynders e Breton e alla vicepresidente Jourová chiedendo di proteggere i diritti umani e l’ambiente con una forte legge european sulla due diligence! NON POSSIAMO PIU’ TARDARE!